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Conoscere la mente......

      

 

   

IL PRISMA  18

 

 

.. l’originalità e l’autonomia di chi pensa ad un problema con la mente

sgombra da preconcetti e schemi rigidi...

... cercare di vedere, di volta in volta prendendo spunto dall’attualità, almeno un altro lato – oltre a quello più visibile – di un immaginario prisma che può servire a rappresentare, simbolicamente, situazioni, temi, concetti, frequentemente presenti nei nostri discorsi, sui giornali, nelle televisioni...

 

 

 

 

 

Aylan, simbolo della nostra ipocrisia

Assisto, come tutti, all’immane spostamento di umanità da sud verso nord. Mi lacera il cuore vedere i visi attoniti dei bambini, le lacrime delle donne, certi sguardi persi in un vuoto irraccontabile. Poi, quasi simultaneamente, mi assale un senso di inquietudine, e rivedo nella mente una scena del film “Jesus Christ Superstar”, quella in cui Cristo, circondato e sopraffatto da una massa enorme di lebbrosi che gli chiedono aiuto, ha una crisi di panico e urla tutta la sua umanissima angoscia.

 Queste le sensazioni. Ora veniamo ai ragionamenti. Si profondono fiumi di parole sul perché e il percome questa situazione si è venuta a creare. Tutta colpa delle dittature, dell’occidente, della finanza, dei mercanti di armi, delle religioni, della mancanza di religione, dei governanti, del petrolio, dell’ignoranza, dei caporalati laici e non, dell’egoismo, del riscaldamento globale, eccetera eccetera.

Tra coloro che sostengono la necessità di respingere, e coloro che sostengono l’accoglimento incondizionato, è come se ci fosse un terreno non abitato in cui non cresce nulla: né idee, né programmi, né progetti. Una zona senza spazio e senza tempo in cui l’esame delle conseguenze delle scelte di oggi viene saltato come se si trattasse solo di superare uno stargate al di là del quale è già tutto risolto. Metafora delle zone franche in cui i migranti attendono i treni della speranza.

Ho cercato di capire la profonda destabilizzazione  che in molti stiamo vivendo. Parlo di quelli che ancora hanno il vizio del dubbio, non di quelli che posseggono già l’assoluta verità.

Mettiamo che tu sia un cittadino europeo, nato e cresciuto qui. Sai che ci sono diverse nazioni, lingue, leggi, regole, tradizioni. Ogni nazione ha dei confini e nel passaggio da una nazione all’altra c’è un impegno reciproco, più o meno mantenuto, di rispettare leggi, regole e tradizioni dell’altra parte. Se non sei giovanissimo, in passato hai usato il passaporto. Con qualche differenza, trovi comunque libertà, democrazia, diritti civili. Tra le varie leggi, c’è quella che riguarda il diritto di asilo, una legge che è stata più volte rimaneggiata, della quale, nei decenni, hanno goduto migliaia di persone e, cosciente della fortuna di essere nato qui, non ti verrebbe in mente di discuterne la legittimità e la giustizia. E’ giusto che persone innocenti perseguitate, a rischio della vita, possano e debbano essere accolte nei paesi in cui libertà, democrazia e diritti civili esistono. E’ vero, ci sono anche disuguaglianze e ingiustizie, ma, tutto sommato, almeno teoricamente, è così, e la perfezione, si sa, non esiste.

Le nazioni europee hanno vissuto guerre, epidemie, carestie, dittature, crisi economiche gravissime. L’emigrazione è sempre esistita. Ti viene sistematicamente ricordato che anche gli italiani sono emigrati (ed emigrano), e hanno sofferto emarginazione e sfruttamento. Ma è paragonabile l’emigrazione del passato con l’esodo biblico attuale? E’ pensabile che masse così numerose si spostino contemporaneamente da un punto all’altro del globo e si aspettino di ottenere tutto quello di cui hanno bisogno? Ti diranno che il nord del mondo ha sempre sfruttato il sud del mondo e adesso è arrivata la resa dei conti. E così cominci anche a sentirti in colpa. E ti chiedi: ma allora che senso hanno i confini, le leggi nazionali, le singole sovranità? John Lennon cantava  Imagine there’s no countries… Imagine all the people sharing all the world… Sarebbe davvero possibile?

Qui non si tratta di aggiungere un posto a tavola. Tu, cittadino europeo, ti trovi improvvisamente a dover affrontare una realtà a cui non sei preparato. Dovrai probabilmente convivere con persone che non hanno intenzione, né forse la capacità, di “integrarsi”. Persone provenienti da paesi che non hanno concluso, e spesso neppure iniziato, il lungo, graduale, e doloroso, processo di evoluzione. O nei quali una fiorente civiltà passata è stata distrutta. Ci sono culture che non sono facilmente conciliabili, soprattutto se non si sa quali sono i princìpi che è realisticamente possibile condividere. Ti senti confuso e spaventato, ma te ne fanno vergognare.

Poi arrivano le foto del bimbo siriano. E io mi domando: perché tanto scalpore per queste foto? 

Forse perché sono sì foto strazianti, ma poetiche, di una bellezza commovente. In riva al mare, quel mare da dove la vita ha avuto origine, dove la gente privilegiata va in vacanza. O forse solo perché guardandole possiamo illuderci per un attimo che quel bimbo stia giocando, così composto e sereno. Sembra quasi che tanta bellezza sia indispensabile per poterne sopportare la tragicità.

E’ per questa indicibile drammatica bellezza che molti giornali, in tutto il mondo, hanno deciso di pubblicarle, accompagnate da titoloni enfatici a quattro colonne? 

Una catarsi globale. E’ vera pietà? O l’ennesima dimostrazione di colpevole ipocrisia?

In rete si trovano foto ben più terribili, che fanno chiudere gli occhi, perché non si riesce a tollerarle neppure pochi secondi. Sono foto pubbliche, di reportage, di corrispondenze di guerra, che, al contrario di quelle del piccolo Aylan, non sono state pubblicate sui giornali e non sono quindi arrivate al grande pubblico.

Ma la realtà esiste solo se la vediamo in prima pagina?  E’ davvero possibile che la gente ignori l’esistenza delle altre foto? Quelle censurate, quelle impossibili da guardare, quelle da vedere una sola volta ché basta per sempre. E’ possibile che il dolore, la morte, l’orrore debbano essere “mascherati”  perché le nostre raffinate sensibilità siano in grado di accoglierle e metabolizzarle? Fino al punto di far finta di ignorare cosa accade nel mondo – e non da oggi - a migliaia di bambini e bambine?

Salvare quelli che arrivano qui, ci permette di mantenere questa sorta di rimozione collettiva. Ci consente una parziale assoluzione che allevia i nostri sensi di colpa, ma alimenta l’ipocrisia.

Non sto giudicando nessuno, né chi ha paura, né chi minimizza, e non ho risposte alle mie domande, né soluzioni. Nessuno le ha. Vorrei solo che gli addetti alle decisioni lavorassero insieme con meno ipocrisia e maggiore umiltà.

Senza dimenticare che gli esseri umani hanno bisogno di giustizia, così come di “contenitori”, di equilibrio e di chiarezza, altrimenti è il caos, in cui il peggiore dei nostri istinti non può che riemergere e prendere il sopravvento: sarà homo homini lupus. E il lupo umano è il più feroce di tutti.

 (Settembre 2015)

 

 

 

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