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     Italiani brava gente

 

Nuovamente mi trovo a fare un esercizio di logica.

Non sarà facile, perché l’argomento provoca sempre, per sua natura, reazioni di pancia difficilmente arginabili con il ragionamento. Né è possibile semplificare troppo, laddove la difficoltà principale nel parlare di un problema complesso, è appunto il mancato approfondimento, la superficialità, l’incompletezza delle informazioni.

Gli ultimi avvenimenti alla frontiera italo-francese, o franco-italiana, come preferite, hanno dato la stura a dichiarazioni tra le più scomposte degli ultimi tempi, sia da parte dei politici che della stampa nostrana. Un vero diluvio di corbellerie, forse perché, come ha insinuato qualcuno, non c’era altro di cui parlare alla vigilia delle feste pasquali. E, si sa, da noi con le feste si blocca tutto.

Ignorerò, volutamente, quei giornaletti on line che sparano titoli a casaccio, zeppi di iperboli tra cui la parola shock la fa da padrona, con l’unico scopo appunto di shockare i lettori; e tanti saluti alla ricerca della verità dei fatti. Sui social meglio sorvolare, salvo un sorprendente invito ad andare in armi al Louvre a riprendersi la Gioconda. Tranquillamente ignorato da questi masanielli, il piccolo particolare per cui Leonardo aveva scelto di lasciare l’Italia per la Francia e che aveva scritto nel suo testamento il divieto di essere riportato in patria da morto.

 

Tornando alla logica, sull’argomento “migranti”, andrebbero distinti 3 livelli.

Quello ideologico, con chi da una parte sostiene la necessità dell’esistenza delle nazioni, con relativi confini, leggi, governi, e chi, dall’altra, sostiene il sogno di una Terra senza frontiere, per dirla con John Lennon, “no countries” e “all the people sharing all the world”.

Quello politico, legato al dato di realtà che le nazioni o meglio gli Stati esistono, con propri confini, leggi, governi. La morale e l’etica sono categorie a cui è auspicabile che le leggi facciano riferimento nel momento in cui vengono concepite e promulgate, ma poi, nella nostra pur imperfetta civiltà, devono essere rispettate.

Quello emotivo, decisamente soggettivo, relativo alle collettività, o agli individui, per cui le visioni del mondo e di quello che vi accade possono essere molto distanti, visioni a volte conciliabili, a volte del tutto incompatibili, che derivano da sostanziali differenze nella cultura, nella mentalità, nel linguaggio, nei valori, nella storia.

 

Se si ragiona su un piano ideologico, è chiaro che i controlli alle frontiere possono essere accettati solo nel caso in cui si accetti il concetto di Stato, ma, come dicevo, sia che lo si accetti sia che non lo si accetti, gli Stati (ancora) esistono.

Se esistono gli Stati, esistono anche confini, leggi, governi. E, nel caso di frontiere, esistono non solo leggi nazionali, ma anche accordi bilaterali, come appunto accade tra Italia e Francia.

Quindi, prima di scatenare incidenti diplomatici o di gridare all’attentato alla sovranità nazionale, ci si dovrebbe informare su leggi e trattati esistenti, pubblici e pubblicati in Internet e perciò rintracciabili e consultabili da chiunque. Qui ovviamente entriamo su un piano politico. Ho letto titoli assurdi tipo: la francia è entrata in italia-che altro devono farci i francesi?-l’arroganza della francia-macron il bullo, e via delirando.

Primo, una nazione non ha sentimenti; secondo, ammesso che alcuni rappresentanti di una nazione sbaglino, non si può accusare un’intera nazione; terzo, Macron può piacere o no, ma è il presidente eletto di uno Stato democratico, che propone delle leggi – in linea con quanto dichiarato ancora prima di essere eletto – leggi che poi devono essere approvate da un Parlamento.

E veniamo al terzo livello, quello emotivo. Giusto in questi giorni, non riuscendo a venire a capo di una banalissima pratica burocratica, al mio appellarmi alle normative vigenti, mi è stato risposto: “eh sì, le norme sono una cosa, poi la realtà è un’altra” (!). Del resto, si sa, questo è un paese del quale persino un eminente giurista - Francesco Carnelutti - diceva “sono in vigore duecentomila leggi diverse, per fortuna temperate da una generale inosservanza” . Per fortuna?!  Questo è anche un paese dove polizia e carabinieri vengono insultati e aggrediti quando vanno ad arrestare mafiosi e spacciatori.

A noi può sembrare bizzarro, ma in alcuni paesi le leggi vigenti, ruoli e funzioni comprese, vengono fatte rispettare, tanto più se si tratta di accordi bilaterali.

I controlli reciproci alle frontiere italo-francesi sono regolati da una serie numerosa di accordi transnazionali confermati e/o aggiornati anche di recente, che consentono ad entrambe le polizie di entrare nel territorio dell’altra nazione, con regole molto chiare e precise. Compresa la dotazione di divise e armi di ordinanza. (Una pistola nella fondina non si può tradurre con “ad armi spianate”).

Man mano che passavano i giorni – e la stampa aveva altro di cui occuparsi – la faccenda è andata ridimensionandosi, per lo meno da parte di quei professionisti dell’informazione (c’è ancora l’Ordine dei Giornalisti?) che ancora hanno a cuore la verità. Alcuni altri, non sapendo come giustificare la propria irosa “nobile” indignazione, di fronte all’evidenza dei documenti, hanno fatto un doppio salto carpiato da un livello all’altro e hanno parlato di comportamento poco cortese e addirittura brutale adottato dai doganieri francesi.

Prendiamo l’ultimo episodio, l’ultimo di cui si parla, perché avvenuto in realtà in febbraio, episodio opportunamente ripreso con cellulari da alcuni giovani francesi  impegnati in un’inchiesta sul trattamento dei migranti. E’ evidente che questi giovani, con alle spalle una delle tante associazioni di aiuto ai migranti, oltre a viaggiare sullo stesso treno della famiglia filmata, navigano sul primo livello: quello ideologico per cui tutti devono essere liberi di muoversi senza confini e frontiere. Se ci trasferiamo infatti nel secondo livello, quello politico, si potrebbe interpretare l’evento in tutt’altro modo. I fatti: una famiglia di colore si trovava su un treno Ventimiglia-Menton. Gli accordi transnazionali consentono controlli sui treni (cosa che d’altronde avviene giornalmente). La legge francese attuale non consente l’ingresso a chiunque sia privo di documenti. Il capo-famiglia ha rifiutato di mostrare i documenti ai gendarmi, innescando una polemica subito scivolata al terzo livello, quello emotivo, davanti ai suoi stessi bambini. I gendarmi li hanno costretti a scendere. Infatti i gendarmi hanno l’ordine di far scendere dal treno i passeggeri non in regola.

Domanda: se i passeggeri si rifiutano di mostrare i documenti o di scendere dal treno, i gendarmi cosa dovrebbero fare? Farli arrivare a Menton per poi rimandarli indietro? Farli passare a rischio del proprio posto di lavoro per aver contravvenuto alle leggi? I poliziotti francesi, così come quelli italiani, hanno degli ordini e sono tenuti a rispettarli, qualunque sia la loro personale opinione, qualunque siano i loro sentimenti.

Quando nelle manifestazioni di piazza i manifestanti si buttano per terra per non essere allontanati, i poliziotti li sollevano di peso e li spostano. Certo non è un gesto definibile come “gentile”, ma che altro modo c’è?

Qualcuno, più cinico di me, potrebbe dire che usare bambini e donne incinte per impietosire e forzare le cose è un sistema vecchio, ma ancora in auge perché spesso funziona:  a nessuno piace essere accusato di insensibilità e poca umanità, soprattutto mentre sta facendo il proprio dovere. La “disperazione” che viene tirata in ballo in questi casi riporta nuovamente ad un livello  emotivo che non può prevalere su quello pragmatico, per la stessa sicurezza di tutti, migranti e non.

La signora incinta che rifiutava di scendere dal treno non ha ricevuto alcun danno fisico dall’essere stata deposta, e non “trascinata” o “sbattuta”, sul marciapiede della stazione.

La signora nigerina incinta, respinta durante i controlli su un pullman, era stata anch’essa depositata davanti alla ormai famosa saletta di Bardonecchia occupata da una ONG, e non abbandonata in mezzo alla neve. Ed è morta all’ospedale di Torino, alcune settimane dopo, per un linfoma pre-esistente.

Il migrante diretto dalla Francia all’Italia, sembra che abbia acconsentito per iscritto ad un esame delle urine nell’ambito di un controllo per  il traffico di stupefacenti  (che negli ultimi mesi in Francia è aumentato in modo allarmante). Questi sono i fatti. L’enfasi data alla ricostruzione unilaterale del come questi fatti si sono svolti  aveva come obiettivo non tanto una legittima denuncia di presunti comportamenti illeciti, nonché arroganti e brutali, da parte di alcuni doganieri francesi, ma creare il casus belli per dimostrare impropriamente quanto ingiuste (livello emotivo) siano certe leggi che impediscono la libera circolazione attraverso le frontiere (livello ideologico), leggi che sono tuttavia in vigore nelle due nazioni limitrofe. Sparare a zero prima che le inchieste appurino la verità, è quanto meno arbitrario e irresponsabile.

I controlli, e così i fermi, non sarebbero necessari se i migranti non fossero aiutati, sostenuti e qualcuno dice “incoraggiati”  nella loro volontà di passare illegalmente la frontiera.

E mi fermo qui, perché non intendo addentrarmi sul terreno bollente delle ONG, alcune delle quali hanno visto ultimamente diminuire le proprie entrate e cercano visibilità per fini a volte encomiabili, a volte molto meno.

Va anche ricordato che la Francia è tra i paesi europei che hanno accolto il maggior numero di rifugiati, e le richieste d’asilo in corso di esame stanno raggiungendo cifre impensabili da noi, “noi moralmente superiori”, come dice una mia candida amica.  A questo punto a me vengono spontanee altre due domande: perché le due signore incinte – in particolare quella malata -  non erano già in carico presso nostre strutture sanitarie? Perché i migranti vogliono scappare dall’Italia, paese così accogliente e ospitale, per arrivare, anche a rischio della vita, in un paese pieno di “gente cattiva” e governato da leggi dure e difficilmente aggirabili, con un’altissima probabilità di non ottenere l’asilo e di essere rimpatriati?

 

Ora immagino che qualcuno penserà che voglio difendere i francesi a tutti i costi. Non è così, e per un motivo molto semplice: nessuno più di me, per motivi personali, ha interesse a capire fino in fondo come funzionano effettivamente le cose oltralpe. Con tutto il pragmatismo e il rigore che mi vengono riconosciuti da chi mi frequenta da una vita. I francesi sono poco flessibili, anzi intransigenti,  e per loro “la loi c’est la loi”? Sì, è vero. Sono egoisti e insensibili? No, non mi risulta, anche sapendo come i rifugiati – cioè gli aventi diritto all’asilo – vengono trattati. Se cerco di indagare e di analizzare ogni notizia che mi interessa nel paese in cui sono nata e che conosco molto bene, altrettanto faccio, e anche di più, nei confronti di un paese che conosco ormai ugualmente bene. Bene abbastanza da sapere che nessun paese è perfetto e che, se si sono verificate delle irregolarità, verranno sicuramente indagate e portate alla luce, da chiunque siano state commesse. Ne ho avuto prova molte volte, nella mie indagini da “avvocato del diavolo”. Puro amore per la verità? No, non solo, ribadisco il mio profondo interesse per una nazione che non è la mia, e rivendico, con forza, la mia onestà intellettuale.

 

Tanti anni fa, un simpatico signore mi disse: “ecco, tu dai sempre ragione a mia figlia, per forza... siete amiche!”.

Era vero, spesso davo ragione a sua figlia, ma non perché eravamo amiche. Le davo ragione perché  la pensavo come lei, perché eravamo molto simili, e per questo eravamo diventate amiche. Non viceversa.

  

 

Roma 9 aprile 2018     
 

 

 

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