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        IL PRISMA  11     
          
			.. l’originalità e l’autonomia di chi pensa ad un problema con la 
			mente
           
          
          
          sgombra da preconcetti e schemi rigidi... 
    
          
    ... cercare di vedere, di volta in volta prendendo 
    spunto dall’attualità, almeno un altro lato – oltre a quello più visibile – 
    di un immaginario  
          
    prisma 
          
          che 
    può servire a rappresentare, simbolicamente, situazioni, temi, concetti, 
    frequentemente presenti nei nostri discorsi, sui giornali, nelle 
    televisioni... 
      
      
      
      
        
    
    
    la gabbia 
      
					
					A qualcuno sarà capitato 
					di visitare il quartiere di Cristiania 
					a Copenhagen. Per chi non lo conosce,  è una specie di 
					cittadella, 
					un ex 
					c0mplesso di caserme 
					in cui si sono asserragliati, prima abusivamente e in 
					seguito con l’avallo ufficioso delle autorità, i vecchi
					“hippies”
					degli anni sessanta. Su panchetti improvvisati si 
					vendono, insieme ad oggetti artigianali, strane pietre di 
					varie dimensioni e diverse sfumature di colore che altro non 
					sono che droghe leggere allo stato solido. Si passeggia in 
					un’atmosfera quasi onirica, tra questi panchetti, tantissimi 
					cani, e cartelli che vietano di fotografare, circondati da 
					costruzioni di cui non si riconosce più il colore 
					originario, coperte come sono da graffiti colorati e ormai 
					scoloriti: lì c’è una bottega, là una trattoria, un bar, una 
					sala riunioni. Vedere questi “figli 
					dei fiori”, che ricordavo nei filmati dell’epoca 
					giovani, belli, abbronzati, sorridenti, con i lunghi capelli 
					al vento, con i pantaloni aderenti e a vita bassa, i 
					cinturoni, e le camicie a fiori, rivederli adesso con gli 
					stessi pantaloni, i cinturoni, le camicie a fiori, e con le 
					rughe, i capelli lunghi e grigi, l’espressione spenta e 
					inebetita da anni di fumo e di mancanza di stimoli, è 
					un’esperienza sconvolgente.  
					Sembra 
					di assistere in diretta al ritrovamento di quei soldati 
					giapponesi che furono recuperati in una foresta, molti anni 
					dopo la fine della seconda guerra. Avevano continuato a 
					nascondersi, pronti al combattimento, convinti che la guerra 
					stesse proseguendo, cristallizzati in una patetica routine 
					di doveri e paura. 
					Solo 
					che oggi ci sono i telefoni cellulari, la televisione, 
					Internet e nessuno proibisce agli abitanti di Cristiania di 
					uscire dal loro surreale acquartieramento. Il paradosso è 
					che proprio coloro che predicavano la 
					Libertà al di fuori delle regole e degli schemi, 
					hanno rinunciato definitivamente a lottare per l’“immaginazione 
					al potere”, chiudendosi volontariamente in un luogo 
					dove d’immaginario c’è rimasto 
					solo quel confine, quel muro scrostato che idealmente li 
					separa dal resto del mondo. 
					Se ci 
					guardiamo intorno, forse possiamo scoprire anche qui, vicino 
					a noi, qualcuno che ha rinunciato ai propri sogni e ai 
					propri ideali per l’incapacità di adeguarsi al tempo che 
					scorre. Ex giovani che avevano aggredito la vita pieni di 
					entusiasmo e irruenza, lancia in resta e mille sogni nella 
					testa, e poi... al primo scontro con la realtà, ecco la 
					delusione, lo sconforto, e un fiero ritiro dalle meschine 
					cose del mondo. 
					Forse 
					non portano camicie a fiori, e magari non hanno mai fumato 
					uno spinello in vita loro, però hanno lo stesso sguardo 
					spento degli ex figli dei fiori, cristallizzati come sono 
					nella nostalgia di un passato 
					che non è stato come avrebbero voluto che fosse e senza la 
					spinta a cercare nuove strade,
					nuove possibilità.  
					A 
					pensarci bene, potremmo anche essere noi. 
					Le 
					utopie sono i sogni a cui si rinuncia, ma spesso si rinuncia 
					perché la realtà non è esattamente quella che vorremmo. E 
					allora è più facile ritirarsi, delusi e fieri, nella nostra 
					personale piccola cristiania, facendone la nostra 
					gabbia dorata, circondati dalle persone e dalle cose che ci 
					danno sicurezza; con l’aria di chi, avendo
					“già 
					dato”, non ha alcuna intenzione di rimettersi in 
					gioco e guarda con superiore distacco chi ancora ci prova. 
					Eppure, 
					rispetto a questo volontario esilio da se stessi, sarebbe 
					meglio rinunciare all’idea della 
					grande-rivoluzione-che-cambia-il-mondo
					e affrontare con tenacia la piccola lotta quotidiana, 
					cercando di adattare e modificare 
					continuamente le nostre strategie, abbandonando senza 
					rimpianti modalità fallimentari e obsolete. Ridimensionando 
					– perché no? - gli obiettivi, ma non chiudendo per sempre in 
					uno scrigno ermetico, e inviolabile come un tabù, 
					aspirazioni e ideali. 
					  
					
					    
					(Maggio 2005) 
      
                  
                
                  
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