FamigliarMente
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La famiglia e le sue
dinamiche. I rapporti reciproci,
le fasi del ciclo vitale, gli
eventi più importanti.
La vicinanza
E anche
quest’anno è passato. Il Natale, intendo. Il Natale è una
strana festa: ha l’obiettivo dichiarato, proclamato,
ripetuto, di rinnovare e manifestare tutto il buono che c’è
nelle persone, e il risultato è che spesso ne scaturisce il
peggio, soprattutto nelle famiglie. Non parlo di coloro che
vivono il Natale per quello che realmente è: una ricorrenza
religiosa tra le più importanti, fondamentale nella
storiografia del cristianesimo e nel cuore dei credenti.
Sono belle e commoventi certe riunioni familiari, spontanee
e gioiose. Non serve molto, una bella tavola, qualche regalo
ai più piccoli, abbracci e sorrisi veri, un guardarsi negli
occhi che è un guardarsi, e vedersi, ogni giorno
dell’anno.
Parlo
di tutti gli altri, forse la maggioranza. Lo shopping
frenetico, le abbuffate, i regali obbligatori, sorrisi e
auguri diretti indiscriminatamente ad amici e “nemici” con
una falsità che nel resto dell’anno ci farebbe rabbrividire.
Ma
l’aspetto più triste è la finta vicinanza. L'amico o,
peggio, il parente che ricompare dal nulla, come un
fantasma, dopo improvvise scomparse e lunghi silenzi, e si
mette a chiacchierare allegramente del più e del meno come
se niente fosse. “Come state? State
bene? Son contenta” ripete meccanicamente la Gina
di "Parenti serpenti" (Monicelli, 1992), senza
neppure un velato segno di interesse riguardo alla risposta.
Certo, può succedere in qualsiasi giorno, ma le festività
natalizie sono il periodo più propizio per questo esercizio
di malcelata ipocrisia. A Natale chi ha il coraggio di
respingere cotanta cordialità?
Anche
in questo caso è necessario un distinguo. Ci sono rapporti
che non necessitano di continuità e il Natale è un’occasione
per salutare qualcuno che non si frequenta abitualmente. Può
essere il collega andato in pensione, il vecchio medico di
famiglia, un insegnante, una persona qualunque incontrata un
breve momento in vacanza e di cui ci fa piacere avere
notizie. Con alcune persone è impossibile fare amicizia: le
circostanze, o le distanze, di ogni tipo, non lo consentono.
Però sono persone con cui avremmo voluto fare
amicizia. Natale può essere un buon momento per ricordarsi
di loro, per fare un augurio sincero e mirato, non
superficiale e generico.
Si può
stare insieme agli altri in molti modi: non sempre è
necessario, né opportuno, entrare in confidenze che
potrebbero anche mettere in imbarazzo, esprimere sempre e
comunque idee e convinzioni, raccontare emozioni e stati
d’animo. Sono le normali relazioni
sociali, di lavoro, di vicinato, di comune passione
sportiva o artistica; quelle relazioni che comprendono un
caffè insieme, una pizza, al massimo un viaggio organizzato.
E gli auguri di Natale.
Ma le
amicizie importanti e le parentele non sono relazioni come
le altre: sono, o dovrebbero essere, relazioni basate non
solo sull’affetto, ma anche sulla conoscenza, la continuità,
la “vicinanza”. Sono queste le relazioni tradizionalmente
esaltate da una ricorrenza come il Natale. E,
paradossalmente, più viene celebrato il significato di tali
vincoli privilegiati, più l’assenza di autenticità può
diventare, per alcuni, insostenibile.
Che
cos’è la vicinanza? E’,
né più né meno, essere vicini,
essere accanto. Non in senso
fisico, ci sono vicinanze con in mezzo migliaia di
chilometri. E’ conoscere davvero una persona. Sapere che
colore preferisce, cosa le piace mangiare, come la pensa
sulla moda la politica la musica rock, quali sono le sue
paure, i suoi rimpianti, i suoi desideri. Cosa la rende
felice. Quando e perché ride, o piange. E’ condivisione di
ricordi, di esperienze vissute con uguale sensibilità. E’
non avere paura di scoprirsi, di raccontare e ascoltare
fragilità e fierezze, gioie e rabbie. Piccoli gesti.
Avvisare la zia che danno il pattinaggio in TV, chiamare
un’amica durante un temporale perché ha paura dei tuoni,
inviare una mail con la foto di un gatto al cugino
gattofilo. Farsi vivi per un saluto, ogni tanto, in un
giorno qualsiasi. Senza aspettare Natale.
Eppure,
a Natale, se qualcuno osasse dire che il re è nudo, se
osasse cioè dire a certi fantasmi: scusa, ma quest’anno non
gradisco i tuoi auguri e il tuo finto interessamento, non ho
voglia di parlare con te del tempo e del governo tra un
brindisi e una tombolata, rievocando vecchi episodi e
spettegolando sugli assenti, i fantasmi risponderebbero
allibiti: ma perché, che ti ho
fatto?
(30 dicembre
2009)
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