
IL PRISMA 10
.. l’originalità e l’autonomia di chi pensa ad un problema con la
mente
sgombra da preconcetti e schemi rigidi...
... cercare di vedere, di volta in volta prendendo
spunto dall’attualità, almeno un altro lato – oltre a quello più visibile –
di un immaginario
prisma
che
può servire a rappresentare, simbolicamente, situazioni, temi, concetti,
frequentemente presenti nei nostri discorsi, sui giornali, nelle
televisioni...
Libertà
obbligatoria, opinioni e civiltà
In una
trasmissione televisiva di successo in cui si insegna a
diventare famosi, ho assistito ad un incredibile dialogo: ad
Aldo Busi che, a proposito di un tema assegnato ai ragazzi,
diceva ad uno di essi “Tu sei andato fuori traccia”, uno
sbarbatello ventenne teneramente ignorante rispondeva “Io
non le permetto...”. Aldo Busi, che può piacere o non
piacere, ma è indubbio che sia un grande scrittore,
replicava esterrefatto “Sono io che non ti permetto; qui
sono io il maestro e tu sei l’allievo. Potremmo discuterne,
ma alla fine io decido, non tu, se sei fuori traccia”.
In
un’altra trasmissione, dove un vero giudice emette sentenze
in un finto tribunale, il pubblico manifesta la propria
“opinione” su chi ha torto e chi ha ragione dei contendenti,
spesso criticando le decisioni del giudice, senza mai
minimamente preoccuparsi di ciò che dice la legge in
proposito. Nella bizzarra ma diffusa convinzione che un
giudice emetta un verdetto non
applicando la legge e utilizzando la giurisprudenza,
ma decidendo autonomamente ciò che per lui è “giusto”,
esprimendo cioè nulla di più che un’opinione.
Frequentemente capita di sentire subrettine, grandi
fratelli, figuranti di finto pubblico, il cui unico mestiere
nella vita consiste nel mettere insieme gettoni di
presenza come comparse, tacitare con arrogante
determinazione esperti di ogni genere
- gente che ha dedicato la vita a studiare faticosamente la
propria materia - usando come passe-partout frasi
come: questo è un paese libero, c’è la democrazia,
se non sono d’accordo ho il diritto di dirlo... Ma la
più raccapricciante di queste frasi è: è una mia
opinione!
Mi sono
riferita a trasmissioni televisive perché la TV, oltre che
essere una rappresentazione della realtà, è una realtà che
tutti conosciamo. Ma lo stesso meccanismo può riprodursi con
le stesse modalità in ogni altra situazione. Una volta ho
raccolto lo sfogo di una signora: era molto arrabbiata con i
chirurghi che avevano avuto l’ardire di intubarla durante un
intervento, avendole anche fatto un’anestesia endovena. E’
stato inutile spiegarle - da medico - che le due tecniche
avevano finalità diverse: Io resto della mia opinione.
Come è
stato inutile spiegare ad un altro signore che la sua
cardiopatia, pur contenendo nel nome la radice “reuma”, non
era stata causata dall’umidità presa al mare.
Cos’hanno in comune questi episodi, a cui se ne potrebbero
aggiungere quotidianamente decine e decine?
Riassumerei il fenomeno in tre
convinzioni:
-
che
tutto sia “opinione” e che
tutte le opinioni si equivalgano
-
che
c’è la “libertà”
-
che
siamo tutti
“uguali”
Punto primo.
L’opinione, ovvero “idea, giudizio, o convincimento
soggettivo” (Zingarelli 2002), è un’opinione in quanto è
appunto soggettiva. Riguarda cioè un argomento che non è
oggetto di studi e ricerche i cui risultati sono tanto meno
soggettivi, quanto più, in modo indirettamente
proporzionale, sono da ritenersi oggettivi. Faccio un
esempio: ognuno di noi può avere un’opinione sul fatto che
in un qualunque altro pianeta del sistema solare esistano
esseri viventi simili a noi. Al momento attuale, nessuno,
neppure gli astronomi, possono dire una parola risolutiva su
questo tema.
Viceversa, se io immagino che la distanza dalla terra alla
luna possa essere di 300 km, ed un astronomo asserisce che
essa oscilla tra 363.296 e 405.503 Km, io sto esprimendo
un’opinione, lui no. In realtà, su alcuni argomenti, laddove
la soggettività non ha motivo di essere considerata, le
opinioni non dovrebbero neppure esistere.
Punto secondo.
La libertà: splendida parola carica di nobili
significati, ma anche di curiosi equivoci. Ad esempio: se è
vero che ho la libertà di pensare ciò che voglio, e che
avrei anche il diritto di esprimerlo, non è scritto da
nessuna parte che io abbia
l’obbligo di farlo! Forse dovrei di volta in
volta considerarne l’opportunità
valutando la circostanza, l’ambiente, il momento.
Quand’ero piccola, mi dicevano: se pure pensi che una
persona è brutta o antipatica, non è necessario dirglielo.
Oggi si crede che non dire sempre, a tutti i costi,
in tutte le occasioni, ciò che si pensa, sia una mancanza di
spontaneità (!), o addirittura un’ipocrisia. Ma siamo
sicuri che sia veramente così? Eppure questa è la stessa
epoca in cui si sono introdotti termini come nonvedente,
nonudente, diversamente abile, per evitare di
essere troppo espliciti. Questo cosa significa? Che si sta
attuando un nuovo genere di discriminazione ritenendo
lecito scaricare tutta la propria
frustrazione e aggressività purché la vittima sia
vedente, udente, e normalmente abile?
Terzo punto.
Siamo tutti uguali. Mi chiedo: la gazzella è uguale al
leone? Un bambino di un villaggio ruandese è uguale ad un
bambino di Helsinki? Er Piotta è uguale a Beethoven? Certo,
sono rispettivamente animali, bambini,
uomini...
Che
vuol dire essere uguali?
Ogni essere vivente, animale o vegetale, ogni pietra e ogni
goccia d’acqua, ogni attimo del tempo e ogni millimetro
dello spazio, tutto ciò che è conosciuto e conoscibile è
unico, e quindi diverso.
Come dice Michel de
Montaigne “la qualità più universale è la diversità”.
In altri termini, non c’è nulla di più
artificiale dell’uguaglianza.
Eppure
l’uguaglianza è un Valore: lo sappiamo tutti. Egalité!
proclamava la rivoluzione francese. Ma anche su questo
concetto, come su quello di Libertà, si è instaurato un
colossale equivoco. L’Uguaglianza è un valore quando esprime
un principio, sociale,
politico, morale. Principio e aspirazione ideale che si
riferisce all’uguaglianza dei diritti,
all’uguaglianza davanti alla legge, all’uguaglianza
rispetto alle opportunità di sopravvivenza e di
qualità della vita.
Ma a
parte ciò, l’uguaglianza, come dato di realtà, semplicemente
non esiste.
Allo
stesso modo non esiste, in nessuna società, l’uguaglianza
dei ruoli: un docente
non è uguale ad uno studente, uno scienziato non è uguale ad
un artigiano, un genitore non è uguale al figlio, un artista
non è uguale ad un informatico. Alcuni ruoli poi implicano
necessariamente una gerarchia, anche se talvolta relativa e
limitata ad un determinato contesto.
Tornando alla trasmissione di cui parlavo all’inizio, il
pubblico è autorizzato (anzi direi che viene istigato) ad
esprimere liberamente il proprio pensiero. Non sono
così ingenua da non pensare che certi
personaggi siano selezionati e incaricati
dagli autori per solleticare quello che io chiamo l’istinto
del colosseo, ma è palese che in ogni personaggio c’è un
ampio margine di contributo personale. Ad esempio una
signora, insegnante o ex insegnante, è autenticamente severa
e bacchetta a destra e a manca, intervenendo con pesanti
critiche e perentori commenti sulla personalità dei ragazzi,
con un intento “pedagogico-formativo” da evidente
deformazione professionale. Atteggiamento che, se è logico e
naturale (senza entrare nel merito dei contenuti)
all’interno di una scuola, in quella sede appare decisamente
moralistico, invadente, fuori luogo. Per non parlare delle
esternazioni di certi petulanti
paladini della libertà d’espressione, in nome della
quale attuano un patetico tiro a segno, usando come bersagli
gli indisciplinati ragazzi, a loro volta “liberi pensatori”,
ma ricchi almeno del loro talento.
Sorprendentemente - ma in fondo quanti
si sorprendono? - alcuni di questi allievi da un lato
non si privano del piacere di contestare apertamente gli
insegnanti, dimenticando con tignosa incoscienza il proprio
ruolo di studenti, cioè il motivo stesso della loro presenza
in quel luogo, e dall’altro accettano critiche feroci e
giudizi senza appello da parte di spettatori incompetenti e
biliosi, sia sulle loro capacità artistiche sia sulle
caratteristiche della loro personalità. Come se fosse la
cosa più naturale del mondo!
In
ottemperanza appunto alle tre regolette di cui sopra:
tutto è “opinione”, c’è la “libertà”, siamo tutti
“uguali”.
La
civiltà di un paese
innegabilmente si misura, tra l’altro, dal grado di
libertà di espressione
della sua popolazione.
Forse
ci si dovrebbe ricordare che si misura anche dalla capacità
di non abusarne.
(Aprile 2004)
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