
IL PRISMA 16
.. l’originalità e l’autonomia di chi pensa ad un problema con la
mente
sgombra da preconcetti e schemi rigidi...
... cercare di vedere, di volta in volta prendendo
spunto dall’attualità, almeno un altro lato – oltre a quello più visibile –
di un immaginario
prisma
che
può servire a rappresentare, simbolicamente, situazioni, temi, concetti,
frequentemente presenti nei nostri discorsi, sui giornali, nelle
televisioni...
Libertà equivalenti
Molti
anni fa, mi capitò di discutere con un
signore il quale sosteneva che la sua libertà di fumare
(nell’ambiente in cui ci trovavamo entrambi) fosse
“equivalente” alla mia libertà di chiedergli di non fumare.
Fermo restando che le due libertà non erano – nella medesima
unità spazio-temporale – conciliabili, in quanto l’esercizio
dell’una avrebbe limitato l’altra, non potevano tuttavia
dirsi equivalenti per il seguente ragionamento. L’apparato
respiratorio è costruito per respirare aria pulita. E’ un
diritto di tutti respirare aria pulita. La libertà di A di
esercitare il diritto di respirare aria pulita non danneggia
la salute di B. La libertà di B di fumare danneggia la
salute, la sua e quella di A. Ergo, se un giudice avesse
dovuto scegliere chi dei due era tenuto a rinunciare alla
propria libertà per lasciare spazio a quella dell’altro,
avrebbe scelto B e non A.
Lo
stesso esercizio di logica può essere fatto per molte altre
situazioni. E, in moltissime situazioni, se la libertà di
uno limita o esclude quella dell’altro, è inevitabile
scegliere a quale dare priorità.
Viceversa esistono situazioni in cui non è affatto
necessario scegliere, perché una libertà individuale non
intaccherebbe minimamente la libertà altrui.
La
querelle sul testamento biologico poggia su talune questioni
a mio avviso irrisolvibili. Ne riassumo alcune:
-
se un essere umano ha il diritto di
decidere per la propria vita, oppure no
-
se la vita sia un bene assoluto, a
prescindere dalla qualità, oppure no
-
se lo stato vegetativo sia vita, oppure
no
-
se la nutrizione artificiale sia un atto
medico, oppure no
-
se in mancanza di volontà scritte siano
valide volontà espresse verbalmente, oppure no
-
se sono valide volontà scritte quando si
sta bene, non potendo prevedere come si starebbe in
condizioni diverse, oppure no
Ritenendole, come dicevo, questioni non risolvibili in senso
univoco, trovo inutile e pretestuoso discuterne. Quindi mi
limiterò a delle riflessioni generiche.
Rispetto al primo punto (e in parte al secondo), va da sé
che la risposta è strettamente legata al fatto di credere o
non credere in un Creatore le cui volontà vanno (o
andrebbero) rispettate. Ciò che si fa (o si dovrebbe fare)
in nome di una Fede, attiene alla coscienza di ciascun
credente.
Riguardo all’ultimo punto, invece, vorrei nuovamente fare un
piccolo esercizio di logica. Un organismo umano (e non entro
nella polemica relativa ai vari stati di coscienza) in
teoria potrebbe essere tenuto in funzione artificialmente
all'infinito. Se le tecniche si evolvono abbastanza, si
potrebbe addirittura “conservare” dei cadaveri, in attesa
che possano essere risvegliati. Non è una boutade, ma è
cronaca che alcuni signori, dotati evidentemente di grandi
mezzi, sembra si siano fatti ibernare post-mortem
esattamente con questo obiettivo: essere riportati in vita
nel momento in cui la scienza fosse pronta.
Uno dei
punti più controversi del testamento biologico è appunto
l’eventualità di un ripensamento, particolarmente nel caso
in cui nuove terapie e/o tecnologie fossero in grado di
modificare gli esiti precedentemente ipotizzati di un
determinato quadro clinico. Sembrerebbe infatti che nobili
paladini più realisti del re, pur non avendo alcun
intento di stilare un proprio biotestamento, siano
seriamente e altruisticamente preoccupati per gli eventuali
ripensamenti di chi, con le idee abbastanza chiare e
assumendosene la responsabilità, il testamento vuole farlo.
A suo rischio e pericolo.
Ma,
ironia a parte, se si volesse davvero tener conto delle
diverse opinioni, credenze, culture, religioni, se si
volesse in altri termini rispettare davvero le Idee e la
Libertà di ognuno, come dovrebbe essere un testamento
biologico? Necessariamente individuale, articolato e
personalizzato, un documento in cui una persona, in grado
di intendere e volere, possa esprimere nei particolari e
senza vincoli le proprie intenzioni e, volendo, le proprie
motivazioni.
Potrebbero davvero essere espresse tante libertà
equivalenti, tutte legittime, tutte degne di rispetto.
Una
persona potrebbe chiedere di essere mantenuta in vita in
ogni caso, con ogni mezzo disponibile al presente o in
futuro, chiedendo magari nel contempo un sostegno per la
propria famiglia.
Oppure,
pur rifiutando l’accanimento, ma temendo di perdere una
possibile opportunità di guarigione offerta dalla scienza in
tempi successivi alla stesura del testamento, potrebbe
indicare entro quali limiti contenere i trattamenti atti a
prolungare la sopravvivenza.
Oppure,
potrebbe accettare terapie anti-dolore e rifiutare altri
trattamenti medici e nutrizione artificiale non finalizzati
alla guarigione. In questo caso dovrebbe anche essere
ritenuta capace di scegliere tra il rischio di cambiare idea
senza poterlo comunicare, e il rischio di essere condannata
a vivere per forza, in attesa di risvegliarsi (in condizioni
intuibili) per ipotetici progressi terapeutici; insomma, tra
i due rischi, un individuo dovrebbe avere il diritto – per
se stesso - di scegliere consapevolmente il primo.
Anche
l’eventuale designazione di una persona di fiducia che, in
caso di necessità, possa decidere al posto dell’interessato,
è un atto che dovrebbe spettare al singolo individuo e a
nessun altro. Può essere una scelta sbagliata? Certo: come
tutto ciò che è umano. Solo che, nel dubbio, si dovrebbe
esser liberi, anche in questo caso, di correre il rischio di
sbagliare una propria scelta, piuttosto che il
rischio di cadere in mani (e teste) sbagliate, non in linea
cioè con la propria personale visione della vita. O a
qualcuno è dato di dirci in chi riporre la nostra fiducia?
Con un
pizzico di onestà, non è difficile rendersi conto che
nessuna delle scelte personali esposte (ma ne sono possibili
molte altre) potrebbe, in alcun modo, neppure scalfire la
libertà altrui.
Allora
mi chiedo: per quale motivo non si riesce a stabilire regole
condivise che consentano o persino aumentino la libertà
individuale, pur non venendo intaccata quella altrui? Per
quale motivo si punta invece a soluzioni uguali per tutti,
che, accreditando legittime scelte di alcuni penalizzano
inevitabilmente altrettanto legittime scelte di altri, su
temi che dovrebbero essere privati e su diritti che
dovrebbero essere inviolabili?
Parafrasando il motto orwelliano, che ci siano libertà più
equivalenti di altre?
(Marzo
2009)
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