FamigliarMente
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La famiglia e le sue
dinamiche. I rapporti reciproci,
le fasi del ciclo vitale, gli
eventi più importanti.
Piccoli esploratori
Avete mai osservato una cucciolata di gattini? Se ne stanno
nella loro cesta con mamma gatta. Hanno da pochi giorni
aperto gli occhi. Uno sta seduto in equilibrio instabile a
guardarsi intorno, uno dorme profondamente seminascosto
nella calda pelliccia materna, uno cerca ostinatamente la
fonte di provenienza di quel liquido bianco e caldo che
lo fa stare tanto bene, uno si sta arrampicando goffamente
sui bordi della cesta fino a rotolare dall’altra parte. La
mamma dà una leccatina a quello che dorme, assesta una
piccola zampata al gattino famelico, e infine quasi a
malincuore esce dalla cesta e va a recuperare - senza
fretta - il piccolo esploratore
che nel frattempo si è allontanato di ben due metri e
ora strilla come un disperato.
Il sistema di attaccamento,
uno dei sistemi che consentono la sopravvivenza, è
strettamente legato al sistema di
esplorazione. L’esplorazione è fondamentale per
la scoperta del mondo, l’acquisizione di sicurezza e
autonomia, e quindi lo sviluppo pieno di una
personalità. Le ricerche sul
sistema di esplorazione sono iniziate con l’osservazione di
bambini, tra i 18 mesi e i cinque anni, al parco. E’
un’osservazione che chiunque può fare, se ha l’attenzione e
la pazienza sufficienti. Ci si accorgerà che il
comportamento, e così il raggio di
azione, di ogni bambino è fortemente condizionato
dall’atteggiamento della madre seduta in panchina.
“Se la madre rivolgeva uno sguardo incoraggiante, il bambino
si muoveva con facilità; se la madre non lo guardava, il
piccolo si fermava; se la madre si copriva il volto con un
giornale o assumeva un atteggiamento ansioso, il figlio
piangeva e tornava in preda a paura” (Bowlby,
1979).
Gli studi iniziati da Bowlby sull’attaccamento e
l’esplorazione sono stati poi portati avanti da numerosi
altri studiosi e la conclusione di queste ricerche ha
portato a classificare 3 tipi principali di modalità di
attaccamento. In termini molto semplificati, si può dire che
una prima modalità è quella in cui il bambino segue il suo
naturale istinto ad esplorare, accompagnato dall’occhio
vigile, ma allo stesso tempo
incoraggiante della madre. La seconda modalità è
quella che si verifica quando il bambino viene frenato o
addirittura trattenuto da una madre
ansiosa e preoccupata.
La terza infine prevede un bambino abbastanza audace e
curioso, ma che non viene incoraggiato, né tanto meno
gratificato dalla madre, nei
suoi sforzi esplorativi.
E’
facilmente intuibile che la prima modalità è quella più
utile a favorire lo sviluppo della sicurezza e della fiducia
nel bambino. Sicurezza
delle proprie capacità e fiducia
nei confronti del mondo nel quale dovrà muoversi; fiducia e
sicurezza di poter sempre tornare alla propria
“base sicura”, seguito ed
accompagnato da uno sguardo di affettuosa approvazione,
quello che Kohut*
chiamava con una bellissima espressione:
"il brillìo negli occhi della madre”.
Successive osservazioni in età scolare, e persino in età
adulta, di soggetti osservati da bambini ha evidenziato un
dato eclatante: che la modalità di attaccamento che si
stabilisce in età infantile contribuisce a determinare -
anche se non in senso assoluto, né definitivo, ma in misura
comunque importante - quell’impalcatura di
personalità su cui poi un individuo costruirà la sua
esistenza. Ricordo che già una prima traccia viene
disegnata dal tipo di
interazione che si determina fin dal primo
istante di vita tra il neonato e le persone che lo
accudiscono. E siccome è ragionevole pensare che nella
maggior parte dei casi queste persone restino le stesse, si
può immaginare che influenza possa avere una madre
iperprotettiva, o una madre
rifiutante, o - speriamo spesso
- una madre che sia capace di dare protezione senza limitare
troppo (com'è difficile l'equilibrio!) la naturale spinta a
crescere del proprio
piccolo.
Un adulto sereno, sicuro
di sé, forte nella coscienza dei propri limiti e delle
proprie capacità, è probabilmente un adulto la cui mente è
illuminata ancora da quel magico
"brillìo"...
*
Heinz Kohut
(1913-1981), psicanalista, teorico della "Self
Psychology"
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