TeoricaMente 17
Questa pagina tratta di argomenti di
base della psicologia,
i suoi meccanismi, le sue leggi. Quei
meccanismi e quelle leggi
che tutti utilizziamo, ma… senza saperlo.
Preoccuparsi fa bene
Attraverso il contatore delle
visite ad un sito, è possibile verificare le “chiavi di
ricerca”.
Per chi non è molto addentro
al linguaggio informatico, una “chiave” è quella parola o
frase che viene immessa in un motore di ricerca per trovare
documenti attinenti. Ho potuto constatare che tra le visite
al mio sito, una chiave decisamente molto gettonata è la
soluzione di problemi, in tutte le varianti possibili,
relative alla famosa frase aristotelica
"Se c'è soluzione perché ti preoccupi?
Se non c'è soluzione perché ti preoccupi?" su cui
anni fa scrissi un breve commento
(Se c'è soluzione...).
Forse dovrei esserne sorpresa,
ma in realtà, a pensarci bene, non è poi così strano. Non è
forse vero che nell’epoca del mordi e fuggi, si cercano
soluzioni prêt-à-porter per
qualsiasi cosa? Non è forse vero che si evitano riflessione
e approfondimenti, che potrebbero aiutare a trovare
soluzioni, perché troppo faticosi? Non è forse vero che si
cerca, a volte si pretende, che qualcuno risolva i nostri
problemi? Preoccuparsi è una perdita di tempo, preoccuparsi
crea stress, preoccuparsi fa male alla salute. Perché
preoccuparsi se con qualche click si possono trovare
soluzioni a qualsiasi quesito...
Perché
fa paura “preoccuparsi”? Eppure pre-occuparsi,
etimologicamente parlando, significa “occuparsi prima”, cioè
ragionare su qualcosa, elaborare una strategia, pianificare
una linea d’azione; non arrovellarsi e tormentarsi a vuoto
in attesa che una soluzione piova dal cielo, o… da Internet.
Facendo un paragone, la
preoccupazione è un po’ come l’ansia,
o la paura. Sensazioni magari
non gradevolissime, ma, entro certi limiti, utili.
Sollecitano la nostra attenzione, ci avvertono di un
pericolo, interno o esterno a noi. Dovrebbero predisporre,
in ogni caso, ad un’azione. Dicevo “entro certi limiti”,
infatti se la preoccupazione, o l’ansia o la paura superano
il livello di guardia, non solo diventano inutili, ma
diventano esse stesse fonte di malessere.
Quindi, come la paura,
generalmente riferita ad un rischio reale, ci aiuta a
difenderci da un pericolo, così piccole dosi di
preoccupazione o di ansia possono essere estremamente utili
e vanno accettate come componenti naturali e sane del nostro
repertorio emotivo. Accettarle
significa servirsene, governarle; e non farsene
governare, o sfuggirle come una malattia. Sfuggirle, ad
esempio, chiedendo suggerimenti su tutto. Ci sono persone
che non riescono neppure a scegliersi una cravatta senza il
consiglio di qualcuno; altri chiedono consigli e soluzioni
su problemi molto più seri, riguardo al lavoro, ad una
relazione, al comportamento da tenere con i figli. Delegando
decisioni anche importanti, pur di non impegnarsi
personalmente. Eterni “Bambini”
secondo la definizione di Eric Berne - teorico dell’Analisi
Transazionale- sempre bisognosi di aiuto.
Non sto dicendo che ascoltare
il parere di altri, specialmente se competenti, è
sbagliato, ma bisognerebbe ricordarsi che non esiste una
soluzione buona per tutti, che quello che va bene per noi,
potrebbe non andare bene per qualcun altro, e viceversa.
E’ importante raccogliere
informazioni e approfondire gli argomenti, scegliendo
accuratamente le fonti da cui attingere, tuttavia è
indispensabile poi elaborare una
propria idea, personalizzata, e adeguata alle
nostre – e solo nostre – esigenze.
D’altro canto, ci sono persone
che, all’opposto, sentono come una missione dispensare
consigli agli altri, anche se non richiesti. Ovviamente a
fin di bene, per evitare loro delle preoccupazioni. Sono i
“Genitori” di Eric Berne o,
come li chiamo io, gli “Ammaestratori”.
Sanno sempre qual è la cosa giusta da fare e persino da
pensare, forniscono opinioni e istruzioni minuziose su
qualsiasi argomento, rigorosamente al di fuori dalle loro
competenze specifiche, somministrano ammaestramenti e
lezioni di vita, e, naturalmente, si ritengono troppo
superiori per riceverne, anche sporadicamente, a loro volta.
Gli “ammaestratori”, se
simpatici, possono essere individui brillanti,
affabulatori, apprezzati spesso per la loro disponibilità.
Possono però essere anche arroganti e dispotici, soprattutto
in ambito familiare o nelle relazioni di coppia. Un
ammaestratore insopportabile, benché divertente, è il
personaggio di Furio nel film
Bianco rosso e verdone. Esagerato? Siamo sicuri?
Eppure io ricordo perfettamente un collega, peraltro mite e
gentile, che un giorno spiegò con serietà e dovizia di
particolari, come e perché la mattina bisognava lavarsi il
viso 3 volte di seguito! Superfluo dire che moglie e figli
erano i suoi allievi prediletti e forzati.
Più pericolosi sono gli
pseudo-psicologi, perennemente occupati, senza averne
strumenti e competenze, ad analizzare gli altri e ad
interpretarne i comportamenti e la personalità, del tutto
ignari dei propri personali problemi, immancabilmente
all’origine proprio di tale atteggiamento critico e
controllante. Sempre generosamente pronti, manco a dirlo, a
suggerire come e perché va modificato l’altrui pensiero. Su
persone fragili e influenzabili possono provocare danni
devastanti.
Riguardo alle relazioni di
coppia, se un “Bambino” e un “Genitore”
si incontrano, soprattutto se le rispettive caratteristiche
non sono troppo accentuate, può crearsi una specie di
equilibrio, e allora si vedono coppie formate da una moglie
molto materna e accudente e un marito-figlio, felice di
farsi coccolare e accudire; oppure un marito-padre (spesso
più grande) protettivo e dispensatore di saggezza e una
moglie-bambina felice di farsi proteggere e viziare. Vista
la variabilità degli esseri umani e delle loro relazioni,
non è escluso che unioni di questo tipo possano essere
appaganti e durature. Ma, ahimè, nella maggior parte dei
casi, una relazione squilibrata può dare origine a grandi
sofferenze sia che venga portata avanti, sia che si concluda
con una rottura, più o meno dolorosa. E questo vale per le
relazioni di coppia, per quelle tra fratelli o amici, e
anche per le relazioni genitori-figli, nel caso (non raro)
in cui i genitori, esaurita la loro funzione educativa, non
si rendano conto che i figli sono ormai adulti, e come tali
vanno trattati, con discrezione
e rispetto.
Per concludere, sia che
tendiamo a chiedere aiuto su tutto, sia che proviamo
l’irresistibile voglia di darne, ricordiamoci che
preoccuparsi fa bene,
che nessuno può sostituirsi ad un’altra persona, nemmeno per
risparmiarle errori e delusioni, e che ogni adulto ha il
diritto di operare liberamente le proprie scelte e trovare
le proprie soluzioni, giuste o sbagliate che possano
sembrare ad un osservatore esterno. Anche quando
l’osservatore esterno, a sua volta preoccupato e non
necessariamente neutrale, è un genitore, un partner, un
amico.
O uno psicoterapeuta…
(Maggio
2011)
Home
Indice
Informazioni
|