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     Roma

                       

                              Lettera aperta a Valeria Montebello, in risposta al suo articolo “Roma è un cadavere in putrefazione, amala oppure vattene”

su LINKIESTA del 20 maggio 2017

 

 

Bell’articolo, d’effetto, impressionista.

Peccato che manchi il dolore. Il dolore di chi Roma l’ama davvero.

Io a Roma ci vivo da sempre. La mia cicogna mi ci ha deposto molti, moltissimi anni fa. Ed è per questo che sto per lasciarla. Per amore.

Forse lei non lo sa, e neppure Sorrentino, nato a Napoli e troppo giovane, ma c’è stato un tempo, pochi decenni fa, in cui Roma era ancora una gran bella signora, che portava i suoi millenni con grazia ed eleganza. Persino le periferie erano più vivibili e dignitose.

Grazia ed eleganza – queste sì – facevano parte del DNA romano.

Lo so, per chi non ha vissuto quella realtà scatta il solito pregiudizio per il quale, da anziani, si ricordano solo le cose belle della gioventù. Io ho una memoria eccellente e non si tratta di ingannevole nostalgia – ci sono foto e film e documentari non truccati a testimoniarlo – Roma lo era veramente, non perfetta, ma bella, tranquilla, maestosa, mi creda.

“Retorica del degrado”? Lei Roma la trova perfetta così com’è adesso? Libera di pensarlo, ma io non accetto questo degrado, perché non era ineluttabile.

Non accetto che si giustifichi e si celebri il suo imbarbarimento.

Non accetto le critiche di chi non l’ha conosciuta se non nel suo attuale deplorevole stato, e si permette di “scagliarsi” contro chi ne soffre profondamente. E giudica, e invita perentoriamente ad andarsene…

Roma avrebbe meritato bravi amorevoli medici al suo capezzale, e non compiaciuti becchini.

Come succede per i grandi amori, il dolore nel vederla così trasformata e umiliata, è talmente grande che è meglio un addio. Ma non credo che lei possa capire.

 

 

 

 

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