FamigliarMente
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La famiglia e le sue
dinamiche. I rapporti reciproci,
le fasi del ciclo vitale, gli
eventi più importanti.
Vuoi più bene a mamma o a papà?
Un pericoloso equivoco per cui
alcuni pensano - pur non osando confessarlo - che la
pedofilia, se non c’è costrizione, non è poi così grave, si
basa sulla convinzione che il bambino spesso è “d’accordo”.
Il problema è che si può insegnare ai bambini ad
essere d’accordo. Non è necessario costringerli. E la
pedofilia non è l’unico tragico sbocco di tale possibilità.
Ad un bambino si può insegnare
cosa è giusto e cosa non lo è, cosa è buono e cosa non lo è,
gli si può insegnare ad uccidere, a pregare, a prostituirsi,
a rubare, a sacrificarsi, ad amare e a odiare.
Il
bambino non può scegliere. Da quando un piccolo
nasce, è biologicamente predisposto a fidarsi di coloro che
lo accudiscono: se non lo facesse, morirebbe. Morirebbe di
paura all’avvicinarsi di un adulto, o di fame perché
rifiuterebbe di mangiare.
I bambini di certi paesi
vengono trasformati in soldati spietati; milioni di bambine
subiscono senza ribellarsi mutilazioni terribili perché sono
le loro mamme e le loro nonne a volerlo; altri vengono
indottrinati ed indotti con tecniche più o meno raffinate ad
accettare una religione o un’ideologia, ad adottare
convinzioni e comportamenti violenti, razzisti, sessisti. A
considerare giusto e
“normale”
quanto di più efferato è capace di produrre una
mente umana.
Ma come è possibile
trasformare una creatura innocente in un piccolo mostro o in
una vittima consenziente? E’ facilissimo, basta non darle
scelta. Basta proporle un’unica strada, un’unica
indiscutibile Verità.
Certo, esiste per fortuna il
lato positivo della medaglia: è per questa innata
disponibilità ad apprendere, che è possibile insegnare ai
bambini la Bellezza, la Generosità, la Libertà, il Coraggio.
E la capacità di scegliere. Ed
ecco l’immensa responsabilità degli adulti: di tutti
gli adulti nei confronti di tutti i bambini, non solo
dei genitori nei confronti dei propri figli.
Si parla tanto di tolleranza,
di giustizia, di democrazia, di rispetto, di pace...
Splendide parole. Ma dovremmo tutti ricordarci più spesso
che le parole hanno un’influenza minima sui piccoli,
rispetto all’enorme valore che ha l’esempio.
E non può esistere tolleranza,
giustizia, rispetto, se non si è capaci di proporre ai
bambini, insieme alle nostre verità, anche quelle
degli altri; se non proprio con entusiasmo, almeno con
altrettanta onestà e limpidezza.
Questo è un vero assoluto
diritto dei bambini: avere un quadro della realtà il più
possibile completo, affinché sia loro possibile scegliere.
So bene di dire qualcosa di
molto impopolare, ma sono convinta che l’ora di religione
dovrebbe spiegare i princìpi di tutte le religioni, e anche
dell’ateismo; che la politica andrebbe insegnata cominciando
dalla sua storia: dove, quando e come ideologie, partiti e
movimenti sono nati, dove quando e come si sono sviluppati,
quali gli aspetti positivi e quali i risvolti negativi nella
loro applicazione pratica. Bisognerebbe insegnare, a casa e
a scuola fin dalle prime classi, a sviluppare il
senso critico, e prima di
questo, la capacità di reperire informazioni, attingendo da
più fonti. A controllare personalmente le fonti, che siano
esse istituzioni, o giornali, o leggi; l’attendibilità, la
formazione e la storia di vita se si tratta di persone.
Senza pregiudizi, senza manipolazioni,
senza omissioni.
Utopia? Forse. Eppure non
sarebbe necessario rinunciare alle proprie idee, rinunciare
a perorarle, anche con energia e passione; sarebbe
sufficiente non negare, stravolgere o demonizzare le idee
altrui. Bisognerebbe avere l’onestà
di esporle per come realmente sono e il
coraggio di tollerare da
parte di un figlio una scelta che non condividiamo.
E’ vero che nel nostro paese
non si mandano i bambini in piazza con i kalashnikov come ci
siamo tristemente abituati a vedere in tv, e qui da noi
l’infanzia sembra essere un mondo dorato, ovattato e
ultraprotetto; eppure quante piccole grandi violenze anche
nei confronti dei nostri bambini!
Negli anni della mia infanzia,
si raccomandava sempre ai bambini di rispondere, alla fatale
domanda: “vuoi più bene a mamma o a
papà?”, con l’ipocrita frase:
“a tutti e due”. E nessuno si poneva mai il dubbio di
quanto quella frase potesse essere angosciante per un bimbo.
Gli si faceva una domanda chiedendogli di essere sincero, ma
gli si era già impartita la risposta oggi diremmo
politically correct; quindi se rispondeva “tutti e due”,
aveva l’impressione di aver mentito. Se rispondeva “mamma”
oppure “papà”, si sentiva in colpa sia per aver trasgredito
una regola, sia nei confronti del genitore non prescelto.
Colpa che gli adulti contribuivano ad alimentare, cercando
di convincerlo dell’errore... di aver detto la verità.
Oggi non va molto meglio. Si
chiede ai bambini di esprimere liberamente quello che
realmente pensano, ma non si danno loro gli
strumenti per pensare con la
propria testa, non si forniscono loro
fonti di informazione diversificate
e alla loro portata; non li si educa all’idea che
possono esistere molti differenti
punti di vista sullo stesso argomento; li si
coinvolge però in problematiche e condotte che non sono
assolutamente in grado di comprendere.
Prendiamo un esempio recente:
la manifestazione contro la riforma della scuola. Una
manifestazione, come è noto, indetta da rappresentanti
esclusivamente di una parte politica. Senza entrare nel
merito dei motivi, e tralasciando il problema non secondario
dell’esibizione di minori, guardiamo al semplice
avvenimento. Si sono visti bambini delle elementari,
mescolati a insegnanti, genitori, politici, sindaci e
sindacalisti, ripetere slogan ed esibire cartelli e
striscioni. Cartelli ideati da loro? Slogan inventati da
loro? Naturalmente no. Perché potessero farlo, ci sarebbe
dovuto essere un gigantesco impegno
a monte: ad esempio la lettura in classe di tutta
la legge 53, l’interpretazione e la discussione critica
della stessa. L’esame approfondito di ogni articolo e il
confronto con la legge precedente, ovviamente con l’aiuto di
commentatori pro e contro (il pluralismo, questo
sconosciuto!). Il tutto tradotto in termini comprensibili a
bambini così piccoli. Niente di tutto questo: troppo
complicato, faticoso, difficile, praticamente impossibile.
Ma è sbagliato credere che
tutto ciò non abbia insegnato nulla ai bambini: ha insegnato
che è ammissibile la superficialità e la manipolazione, che
è legittima la protesta a base di insulti e disprezzo, che
la nostra verità è l’unica
possibile e chiunque non la pensi così deve
essere ostracizzato; a cominciare magari dal compagno di
classe i cui genitori non erano in corteo perché sono
dell’altra parte politica, oppure semplicemente perché
trovano la legge attuale migliore della precedente.
Hanno anche imparato che il
nostro è un paese dove la libertà “è in pericolo”, ma in cui
si può mettere in atto qualsiasi forma di protesta, anche
aggressiva e sprezzante, nei confronti di chi è stato eletto
democraticamente e - scandalo! - si permette di governare.
Cosa potranno mai pensare questi bambini dei milioni di loro
connazionali che non la pensano come mamma e papà?
E
anche un’altra cosa hanno imparato: che non è necessario
conoscere e capire per poter scegliere. Tanto ci
sarà sempre qualcuno pronto a suggerire, senza la seccatura
di dover dimostrare nulla, cosa bisogna dire, cosa bisogna
pensare, da quale parte è l’unica, certa, indiscutibile
Verità.
(Gennaio 2004)
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